COMUNIONE EREDITARIA – PRELAZIONE – DIVISIONE – COLLAZIONE

Domanda: Come sciogliere una comunione ereditaria?

La comunione ereditaria è quella che si forma all’apertura della successione tra i coeredi che abbiano accettato, espressamente o tacitamente, l’eredità.

Per gli atti di disposizione da parte di un coerede della sua quota- parte della comunione ereditaria vige il cd. diritto di prelazione di cui all’articolo 732 del codice civile: il coerede che vuole vendere ad un estraneo la sua quota deve prima notificare la proposta di vendita, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno il diritto di prelazione, che deve essere esercitato nel termine di due mesi dalla notifica, in mancanza della quale hanno il diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.

Il diritto di prelazione opera solo per le cessioni onerose e, quindi, non per i casi di donazione della quota e non opera se la vendita viene effettuata ad un coerede, ma solo se viene venduta ad un terzo estraneo. Inoltre opera solo quando viene venduta al terzo la quota ereditaria o parte di essa, e non se viene venduto ad un terzo estraneo un bene determinato di quelli facenti parte della propria quota. Con la cessione ad un terzo, la comunione ereditaria si scioglie e si trasforma in una comunione ordinaria tra il terzo avente causa e gli altri coeredi.

Ciò premesso, nessuno può essere obbligato a rimanere in una comunione contro la propria volontà. Ed invero,  seppure non vi sia alcun obbligo per il coerede a prestare il consenso alla vendita dell’intero bene comune, parimenti non si può obbligare l’altro coerede comproprietario a non vendere la propria quota. 

Qualora il coerede volesse cedere la propria quota ereditaria a terzi, dovrebbe prima notificare al coerede la proposta di vendita indicandone il prezzo in modo che questi possa esercitare il diritto di prelazione; qualora, invece, non riuscisse a trasferirne la proprietà a terzi, in mancanza di accordi sulla divisione stragiudiziale di tale comunione, potrebbe chiedere la divisione giudiziale, previo esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria. Ai sensi dell’articolo 713 del codice civile, infatti, i coeredi possono sempre domandare la divisione.

Con la divisione ereditaria si pone termine alla comunione ereditaria e si determina la trasformazione del diritto di una quota ideale sul patrimonio in comunione in diritto di proprietà individuale sui singoli beni.

È nella fase della divisione ereditaria che entra in gioco la collazione delle donazioni fatte in vita dal de cuius. L’istituto della collazione ha lo scopo di individuare esattamente la massa ereditaria da dividere, facendovi rientrare anche i beni che vi sono usciti per effetto di donazioni fatte in vita dal defunto. Con la collazione chi ha ricevuto dei beni per donazione (figli, i loro discendenti e il coniuge) ed ha accettato l’eredità, ha l’obbligo di conferire nell’asse ereditario quanto ricevuto, al fine di formare le porzioni. La collazione non ha luogo quando il defunto abbia dispensato dall’obbligo di collazione il soggetto che ha ricevuto la donazione. In tal caso, la successione e la divisione si svolgono come se il bene oggetto di donazione dispensata non vi fosse mai stato (nella successione). La dispensa può essere espressa (ovvero risultare da formale dichiarazione inserita nell’atto di donazione), oppure tacita quando può desumersi con certezza dal contesto dell’atto. E’ valida ed efficace solo nei limiti della quota disponibile, restando ferme le norme sull’intangibilità della legittima. Ciò significa che, anche se non soggetto a collazione il valore del bene dovrà essere pur sempre conteggiato con una riunione fittizia dei beni per conoscere se la concessa dispensa da collazione od imputazione ne copre il valore, e in che misura il bene donato influisce per la determinazione delle quote di legittima e disponibile.

Si rappresenta che rientrando la materia delle successioni ereditarie e della divisione di eredità tra le controversie soggette a mediazione obbligatoria ex art. 5 Dlg.vo 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in tali materie e’ tenuto preliminarmente, a pena di improcedibilità, ad esperire il procedimento di mediazione davanti al competente Organismo di Mediazione; solo in caso di esito negativo, potrà essere adito il competente Tribunale.

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Avv. Daniela Messina

Avvocato civilista, del lavoro e divorzista

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