FERIE ALL’ESTERO:QUARANTENA E LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

L’obbligo di rispettare la quarentena fiduciaria da Covid-19 al rientro da un periodo di ferie all’estero non giustifica di per sé l’assenza del lavoratore.

Con Ordinanza ex art. 1 co.49 L. 92/2012 n. 496, pronunciata in data 21/1/2021, il Tribunale di Trento, Sezione Lavoro, prende posizione sulla possibilità di licenziare per giusta causa il dipendente che si assenta dal lavoro per rispettare l’obbligo di quarantena fiduciaria Covid-19 dopo il rientro dall’estero, ove si era recato per ferie.

Afferma il Giudice del Lavoro che la condotta del lavoratore integra una grave violazione dei doveri inerenti il rapporto di lavoro, in quanto l’assenza non è giustificata e lede in maniera irreversibile il vincolo fiduciario con il datore di lavoro.

La vicenda riguarda una lavoratrice che decideva di trascorrere all’estero (Albania) il periodo di ferie estive, concesse dal datore di lavoro, a cui aggiungeva la fruizione di permessi e congedi vari, per poi fare rientro in Italia, senza tuttavia rientrare subito in servizio, motivando l’ulteriore assenza con la necessità di rispettare l’obbligo di quarantena fiduciaria, imposta a tutte le persone che tornavano da un paese straniero.

Il datore di lavoro contestava alla lavoratrice di essersi consapevolmente recata all’estero nonostante i divieti e restrizioni imposti alla circolazione delle persone a casua del Covid-19 e l’obbligo di quarantena fiduciaria da rispettare dopo il rientro dal Paese estero, che avrebbe inevitabilmente impedito la ripresa, per almeno 14 giorni, della prestazione lavorativa. Di conseguenza, intimava il licenziamento per giusta causa.

Il Tribunale di Trento ha ritenuto valido, legittimo ed efficace il licenziamento: “Appare, quindi, evidente che la ricorrente, nel momento in cui si recò in Albania per trascorrere le proprie ferie, dal 3 al 16 agosto 2020, era o comunque doveva essere pienamente consapevole che al suo rientro in Italia non avrebbe potuto ritornare al lavoro immediatamente al termine del periodo feriale, dovendo osservare, per il fatto di essersi recata in Albania, un periodo di 14 giorni in isolamento fiduciario. Ella, quindi, si è posta, per propria responsabilità, in una situazione di impossibilità di riprendere il lavoro alla data prescritta, ossia subito dopo la fine del periodo di ferie. La sua assenza dal lavoro per 14 giorni, seppur dovuta alla necessità di adempiere l’obbligo pubblicistico di isolamento fiduciario, non può considerarsi giustificata. Infatti la ricorrente avrebbe ben potuto evitare di trovarsi assoggettata a detto obbligo astenendosi dal l’effettuare il viaggio in Albania durante il periodo feriale. (omissis) .La condotta, di cui la ricorrente si è resa responsabile, e consistita nel porsi colpevolmente nella necessità di rimanere assente dal lavoro per 14 giorni, integra una giusta causa di licenziamento

Occorre in proposito ricordare che secondo il consolidato orientamento di legittimità (ex multis, di recente, Cass. 5.7.2019, n. 18195; Cass. 25.10.2018, n. 27082; Cass. 7.11.2018, n. 28492; Cass. 28.9.2018, n. 23605;) la giusta causa si configura quale lesione grave e irreparabile dell’elemento fiduciario, che sta alla base del rapporto di lavoro, costituendo presupposto fondamentale della collaborazione tra datore di lavoro e lavoratore; ne deriva la necessità di accertare se la condotta addebitata sia in grado di ingenerare il legittimo dubbio circa la futura correttezza degli adempimenti da parte del prestatore. A tal fine occorre valutare il comportamento del prestatore non solo nel suo contenuto oggettivo (ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate), ma anche nella sua portata soggettiva (vale a dire con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, agli effetti e all’intensità dell’elemento volitivo dell’agente).

Venendo alla vicenda in esame, in ordine al profilo oggettivo assume rilievo la durata dell’assenza (14 giorni) e le conseguenti disfunzioni che sono verosimilmente derivate in pregiudizio dell’organizzazione dell’attività produttiva esercitata dalla società datrice. In ordine al profilo soggettivo, occorre considerare la noncuranza che la ricorrente ha manifestato nei confronti delle esigenze dell’azienda datrice alle quali ha manifestamente anteposto i propri interessi personali.”

 

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Avv. Daniela Messina

Avvocato civilista, del lavoro e divorzista

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