ANCORA SULL’APP IMMUNI: LAVORO, QUARANTENA E MALATTIA

(sintesi sul canale YouTube-IusTeam) – Il presente articolo vale quale aggiornamento del mio precedente articolo (“APP IMMUNI – RICEZIONE ALLERTA COVID-19. QUALI CONSEGUENZE PER IL LAVORATORE SUBORDINATO?”), alla luce delle novità legislative e regolamentari.

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Ad oggi è confermato che le Autorità sanitarie territorialmente competenti devono applicare ai contatti stretti di un caso probabile o confermato la misura della quarantena precauzionale. Superato il prescritto periodo di isolamento domiciliare fiduciario, in assenza di sintomi, è il Medico di Medicina Generale che pone termine all’isolamento.

Quanto sopra è stato confermato dall’ultima CIRCOLARE del MINISTERO DELLA SALUTE del 12/10/2020: chiarita la differenza terminologica tra l’isolamento dei casi di documentata infezione da SARS-CoV-2, che si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione, e la quarantena, che, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi, viene precisato che nel caso di “Contatti stretti asintomatici :I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare: – un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure – un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno”.

Nella suddetta circolare, inoltre, il Ministero “raccomanda, tra l’altro di: – non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità; – promuovere l’uso della App Immuni per supportare le attività di contact tracing”.

Il Ministero della Salute, nella sezione FAQ aggiornata alla data del 15/10/2020, precisa, altresì, che “Nel caso in cui si venga identificati come “contatto stretto” di caso confermato COVID-19, nessun test con esito negativo permette di essere esonerati dal sottoporsi ad un periodo di quarantena nei 14 giorni successivi alla data di esposizione oppure ad un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno”.

In materia di gestione dei rapporti di lavoro, il DPCM 13/10/2020, efficace fino al 13/11/2020, fa salvi i Protocolli e le Linee guida già stipulati in accordo tra Governo e Parti Sociali, validati dal Comitato tecnico-scientifico (art. 1 comma 1 e art. 2) .

Il Protocollo nazionale condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all’allegato 12, lo ricordiamo, prevede che il datore di lavoro informi preventivamente il personale e chi intende fare ingresso in azienda delle disposizioni delle Autorità ed in particolare del fatto di non poter fare ingresso o di poter permanere in azienda e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, negli ultimi 14 giorni, si abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o si provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS, ovvero si venga a trovare in una di quelle condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc) in cui i provvedimenti dell’Autorita’ impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorita’ sanitaria e di rimanere al proprio domicilio. Il Protocollo del 24/4/2020 prevede, inoltre, espressamente che per questi casi si fa riferimento al DL n. 6 del 23/02/2020, art. 1, lett. h) (“applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.”). Il richiamo normativo deve intendersi oggi inteso all’art. 1 comma 7 DL n. 33 del 16/05/2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, e, in ogni caso, all’ art. 1 c. 2 lett. d) DL 19/2020 conv. in L. 35/2020 (“applicazione della misura della quarantena precazionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano”. L’ingresso in azienda di lavoratori gia’ risultati positivi all’infezione da COVID 19 dovra’ essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone secondo le modalita’ previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza.

Il Protocollo prevede, altresì, che l’azienda collabora con le Autorita’ sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” di una persona presente in azienda che sia stata riscontrata positiva al tampone COVID-19. Cio’ al fine di permettere alle autorita’ di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena. Nel periodo dell’indagine, l’azienda potra’ chiedere agli eventuali possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente lo stabilimento, secondo le indicazioni dell’Autorita’ sanitaria.

TRATTAMENTO ECONOMICO DEL LAVORATORE IN QUARANTENA

Come previsto dall’art. 26 comma 1 del DL Cura Italia (convertito con legge n. 27 del 24 aprile 2020), il periodo trascorso in quarantena è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto. Il comma 3 chiarisce che il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena. Nelle FAQ del Ministero della Salute viene chiarito che “Al termine del periodo di quarantena, se non sono comparsi sintomi, la persona può rientrare al lavoro ed il periodo di assenza risulta coperto dal certificato.

Nei casi di quarantena stabilita dai presìdi sanitari (cd. QUARANTENA OBBLIGATORIA) non c’è dubbio, quindi, che il lavoratore non possa essere presente sul luogo di lavoro e, pertanto, la sua assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.

Per quanto riguarda, invece, i casi di assenza dal lavoro per cd. QUARANTENA VOLONTARIA dei lavoratori asintomatici che, essendo entrati in contatto stretto con casi confermati di covid 19, scelgono autonomamente di isolarsi in attesa del provvedimento di quarantena da parte dell’autorità, a parere dela scrivente la decisione del lavoratore rappresenta un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, che si ritiene possa dar diritto alla malattia sin dall’inizio dell’assenza.

A sostegno, si rileva che nelle FAQ del Ministero del Lavoro, come ancora pubblicate alla data del 15/10/2020, viene affermato che l’assenza dei lavoratori dovuta al rispetto dei provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, anche se adottati dai Presidenti delle Regioni interessate dal contagio, può essere equiparata alla malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento, e non è computabile ai fini del periodo di comporto, in applicazione del principio contenuto all’articolo 26, comma 1, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e senza necessità di produrre certificazione medica.

Sul punto, tuttavia, si osserva che, contrariamente a quanto sopra, l’INPS con Messaggio n. 2584 DEL 24/6/2020 ha sostenuto che la tutela della malattia al lavoratore in quarantena viene riconosciuta a fronte di un procedimento di natura sanitaria dal quale non è possibile prescindere, stante sia l’equiparazione della stessa alla malattia sia l’obbligo per il lavoratore di produrre idonea certificazione sanitaria, come attestato dal comma 3 del medesimo articolo 26. Ai fini del riconoscimento della tutela quindi, il lavoratore (asintomatico) deve produrre, secondo l’INPS, il certificato di malattia attestante il periodo di quarantena nel quale il medico curante dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica (comma 3 dell’articolo 26). Il certificato deve essere redatto sin dal primo giorno di malattia in modalità telematica. In caso di malattia conclamata da COVID-19, invece, il lavoratore dovrà farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica. Tale fattispecie rientra nella consueta gestione della malattia comune e viene riconosciuta, ovviamente, anche ai lavoratori iscritti alla Gestione separata, sulla base della specifica normativa di riferimento.

Con Messaggio n. 3653 DEL 9/10/2020 l’Inps ha inoltre diramato le seguenti indicazioni:

non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena (art. 26, comma 1) o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile (art. 26, comma 2) continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio (lavoro agile o smart working, telelavoro, etc.): in tale circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la correlata retribuzione;

è, invece, evidente che in caso di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno;

nei casi di ordinanza emessa dall’autorità amministrativa locale che dispone il divieto di allontanamento dei cittadini da un determinato territorio, a motivo della necessità di contenere il diffondersi dell’epidemia, alla luce dell’art. 19 del dl 104/2020 secondo cui i datori di lavoro possono presentare, con riferimento ai lavoratori domiciliati o residenti in Comuni per i quali la pubblica autorità abbia emanato provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, disponendo l’obbligo di permanenza domiciliare in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che siano stati impossibilitati a raggiungere il luogo di lavoro, domanda di accesso ai trattamenti di CIGO, CIGD, ASO e CISOA, l’INPS ritiene di poter affermare, quale principio generale, che in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena ai sensi del comma 1 dell’articolo 26, in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.

L’INPS ha chiarito, infine, che la circostanza che il lavoratore sia destinatario di un trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS), in deroga (CIGD) o di assegno ordinario garantito dai fondi di solidarietà, determinando di per sé la sospensione degli obblighi contrattuali con l’azienda, comporta il venir meno della possibilità di poter richiedere la specifica tutela prevista in caso di evento di malattia, in virtù del principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia.

Va, infine, ricordato che l’INAIL con la CIRCOLARE N. 13 DEL 3/4/2020 in merito alla tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro ha chiarito che i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Istituto sono inquadrati nell’ambito delle affezioni morbose, inquadrate come infortuni sul lavoro.

Anche gli eventi di contagio da nuovo coronavirus accaduti durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro sono, quindi, configurabili come infortunio in itinere. In merito all’utilizzo del mezzo di trasporto, poiché il rischio di contagio è molto più probabile in aree o a bordo di mezzi pubblici affollati, al fine di ridurne la portata, per tutti i lavoratori addetti allo svolgimento di prestazioni da rendere in presenza sul luogo di lavoro viene quindi dall’INAIL considerato necessitato l’uso del mezzo privato per raggiungere dalla propria abitazione il luogo di lavoro e viceversa. Tale deroga vale per tutta la durata del periodo di emergenza epidemiologica.

Alla luce di quanto sopra, cosa deve fare il lavoratore asintomatico che riceva un segnale di allerta dalla APP IMMUNI?

Il Ministero della Salute, con circolare del 29/5/2020 ha chiarito che chi riceve la notifica dalla APP IMMUNI è da intendersi un “contatto stretto”.

Sulla base di quanto sopra, l’operatore sanitario, ricevuta la comunicazione ed effettuata la valutazione del rischio in tal senso, deve applicare il previsto provvedimento di “quarantena”.

Appare, peraltro, evidente che l’alert inviato dall’applicazione di contact tracing imponga al lavoratore di farne tempestiva dichiarazione al datore di lavoro e sia tale da giustificare il divieto di accesso nel luogo di lavoro ai sensi della disciplina del Protocollo del 24/4/2020 e dell’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, che prevede l’obbligo in capo al lavoratore di comunicare al datore eventuali situazioni di pericolo di cui venga a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente. Nel caso specifico, quindi, il lavoratore potrà far ritenere giustificata la sua assenza comunicando di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid 19. L’azienda provvederà ad avvisare l’autorità sanitaria che a sua volta prenderà le contromisure indicate.

In attesa del provvedimento di adozione della misura della quarantena precauzionale da parte dell’Autorità sanitaria, a parere della scrivente, dato che si tratta di una notifica da una APP adottata dal Governo espressamente per ausiliare i servizi di sorveglianza sanitaria della circolazione di SARS-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti, e alla luce della circolare del Ministero della Salute del 29/5/2020 (che ha qualificato il dipendente asintomatico che ha ricevuto l’alert di Immuni, CONTATTO STRETTO del contagiato Covid-19), questi, a meno che non abbia la possibilità di lavorare da remoto (lavoro agile) o non sia in CIG o (CIG in deroga) a zero ore (in cui non c’è obbligo di prestazione dell’attività lavorativa), datane correttamente comunicazione al MMG e al datore di lavoro, non potrà recarsi al lavoro e risulterà assente giustificato dal lavoro; in tal caso l’assenza, nei limiti dell’attesa della disposizione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità pubblica, andrà, a parere della scrivente, disciplinata sin dall’inizio secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro per tutto il periodo di quarantena come previsto da ultima circolare del Ministero della Salute del 12/10/2020. Fermo restando che, come chiarito dal Ministero della Salute, nella sezione FAQ aggiornata alla data del 15/10/2020, nel caso in cui si venga identificati come “contatto stretto” di caso confermato COVID-19, nessun test con esito negativo permette di essere esonerati dal sottoporsi al prescritto periodo di quarantena.

Qualora poi, l’operatore sanitario, sulla base della specifica valutazione del caso, dovesse, invece, ritenere di non dover applicare la misura della quarantena, a parere della scrivente il lavoratore potrà rientrare nel proprio posto di lavoro. In tal caso, tuttavia, resta oggi il dubbio circa il trattamento economico e normativo dei giorni di assenza precauzionale, data la attuale presa di posizione dell’INPS che richiede, per il riconoscimento della tutela della quarantena ai sensi del comma 1 dell’articolo 26, un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica che la disponga.

In quali responsabilità incorre il lavoratore che, ricevuta la allerta dall’APP Immuni, non provveda a darne comunicazione la proprio medico curante e al datore di lavoro?

Ricordiamo, in particolare tra le altre:

Responsabilità civile ex 2043 cc e art. 2 Cost nei confronti di terzi, compresi colleghi e datore di lavoro: la colposità della condotta di chi non rispetta le regole, lo rende sicuramente passibile di essere chiamato a rispondere dei danni, potenzialmente enormi e gravissimi per un numero indefinito di soggetti.

Responsabilità contrattuale e disciplinare nei confronti del Datore di lavoro per il mancato rispetto del Protocollo nazionale condiviso del 24/04/2020 e dell’art. 20 Dlg.vo 81/2008, rilevabile anche a livello disciplinare (ex art. 2106 cod. civ. e ex art. 7 della L. n. 300/1970) specialmente laddove il datore di lavoro abbia disposto un proprio regolamento aziendale positivo di norme disciplinari; tali violazioni potrebbero risultare rilevanti anche in ambito di violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà (art. 2104 e 2105 cod. civ.) che secondo la giurisprudenza vanno intesi in senso ampio e comprensivo come il dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro. Tale responsabilità può, peraltro, dare diritto al datore di lavoro di chiedere il risarcimento dei danni subiti, anche, per esempio, per le maggiori spese che, in base al Protocollo Nazionale del 26/4/2020, fosse costretto a sostenere in caso di contagio (per Pulizia e sanificazione dei locali aziendali, ecc..).

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L’Avvocato del Lavoro Daniela Messina è a disposizione per approfondimenti o pareri legali su casi specifici. Si potrà prendere contatto con lo Studio Legale mediante il semplice invio di una e-mail all’indirizzo info@avvocatodanielamessina.it o anche compilando l’apposito form nella sezione Richiesta di contatto.

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Avv. Daniela Messina

Avvocato civilista, del lavoro e divorzista

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